gerenza dell’accomandatario subordinata al consenso degli accomandanti


 

Not. Antonio Monteleone, 07.01.2002, chiede:

 

Mi trovo a dovere ricevere un atto costitutivo di s.a.s. nel quale le parti, volendo limitare i poteri dell’unico socio accomandatario, pretendono che sia inserita una clausola del seguente tenore: "la gerenza della società viene affidata al socio accomandatario, il quale avrà firma libera per i soli atti di ordinaria amministrazione, rimanendo il compimento degli atti di straordinaria amministrazione subordinata al consenso unanime di tutti i soci anche accomandanti".

 

Il volere subordinare il compimento di atti di amministrazione, sia pure straordinaria, al consenso anche dei soci accomandanti ritengo che comporti l’attribuzione a questi ultimi di poteri di amministrazione della società.

 

Sono quindi giunto alla conclusione che una clausola di tale specie sia contrastante con il divieto di immistione posto a carico degli accomandanti dall’art. 2320, c.c., nonchè con il principio di cui all’art. 2318, c. 2, c.c.,  secondo cui "l’amministrazione della società può essere conferita soltanto a soci accomandatari".

 

 

Not. Michele Labriola, risponde:

 

Sulla non ricevibilità di siffatta clausola di Sas segnalo la sentenza della Cass. 06.06.2000, n.7554, in Notariato 2001 n. 2, con nota del sottoscritto,.

 

 

Not. Stefano Bigozzi, interviene:

 

Non è che non si possa fare, solo che invece di una Sas si ottiene una Snc, in cui il preteso accomandatario (che in realtà è socio in nome collettivo) ha il potere di compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre i pretesi accomandanti (in realtà soci in nome collettivo) hanno (unitamente al preteso accomandatario e o tutti insieme od a maggioranza a seconda della clausola) il potere di porre in essere gli atti di amministrazione straordinaria.

 

Dissento pertanto dall’opinione secondo cui la clausola sarebbe contraria a norma imperativa negativa; questo, anche perché si dovrebbe essere guidati dal principio di conservazione dell’atto (l’atto deve essere interpretato nel senso in cui esso possa avere un qualche giuridico effetto piuttosto che in quello in cui non ne abbia alcuno).

 

In conclusione: l’atto può essere ricevuto, ma devi avvertire le parti che, così facendo, fanno in realtà una Snc con le note conseguenze in punto di responsabilità e di fallimento.

 

 

Not. Maria Benedetta Pancera, segnala:

 

Secondo la Cass. 06.06.2000, n. 7554, in Giust. civ. mass., 2000, pag. 1220: " é nulla la clausola dell’atto costitutivo di una società in accomandita semplice, la quale preveda la necessità del consenso scritto di tutti i soci per una determinata serie di atti, in violazione dell’art. 2320, c.c. ..."

 

 

Not. Diego  Podetti:

 

E’ vero, il "consenso" (ovvero la manifestazione di volontà negoziale nell’atto con i terzi) deve essere sempre solo del socio accomandatario-amministratore.

 

Tuttavia (cfr. art.2320, c. 2) l’operare dell’amministratore può nell’atto costitutivo essere subordinato, per determinate operazioni,  alla autorizzazione degli altri soci, inclusi gli accomandanti.

 

Il problema consiste nell’interpretazione delle "determinate operazioni": possono essere queste determinate per categorie?

Quanto ampie possono essere tali categorie?

 

 

Not. Adriano Pischetola, conclude:

 

Quanto ampie possono essere tali categorie?

 

La giurisprudenza è stata sempre molto rigorosa e severa nel considerare i margini di liceità di clausole che attribuissero all’accomandante la facoltà di dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni (ex art. 2330, c. 2, c.c.).

 

Se ciò è comprensibile ed ovvio per le ‘‘procure per singoli affari’ in considerzione della tassatività della formulazione dell’art.2330, c. 1, c.c., lo è forse meno per le ‘‘autorizzazioni e i pareri’ al vaglio, perchè le ‘‘operazioni’ potrebbero per ipotesi essere riferite ad una categoria astratta di fattispecie; eppure non è così.

 

Le determinate operazioni - per la prevalente giurisprudenza - dovrebbero essere individuabili con precisione nella loro effettiva portata, dovendosi comunque far riferimento a singole operazioni o, al più, a categorie della medesima operazione.

 

Illuminante la Cass. 03.10.1997, n. 9659, in Riv. not., 1998, pag. 519, per la quale ‘‘ Le "determinate operazioni", per il cui compimento l’atto costitutivo  preveda l’autorizzazione  del  socio accomandante, possono essere sia  singole operazioni, sia un’intera categoria di operazioni identiche e devono essere individuate con precisione nella loro effettiva portata al   fine di  evitare  che  si concreti  una  violazione  del divieto   d’ingerenza  nella gestione  della  societa’. 

 

Alla stregua  di  tali  considerazioni  deve ritenersi  legittima la previsione statutaria di previa  autorizzazione  dell’accomandante per  contrarre  mutui di un  determinato   ammontare. 

 

Deve,  invece,   ritenersi   illegittima la   previsione  di previa  autorizzazione per il compimento degli atti di  straordinaria  amministrazione  e per  l’assunzione  di  obbligazioni   eccedenti una somma determinata."

 

Più possibilista parte della dottrina, secondo cui sarebbe possibile concedere autorizzazioni agli accomandanti per il compimento di atti oltre un determinato importo, laddove sussista il rischio di gravi abusi da parte degli accomandatari , così come sarebbe comunque valida la clausola che preveda la possibilità che gli accomandanti concedano autorizzazioni per il compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.